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L’Inter scende in campo, questa volta insieme ai suoi tifosi
di Andrea Togliani

Nell’anno che passerà alla storia come quello dell’isolamento, la necessità di vicinanza si è rivelata essere più importante che mai. E in questa nuova normalità che di tattile aveva ben poco da offrire, ci è venuto in soccorso un altro senso: l’udito.

Abbiamo tutti imparato a convivere con le cuffiette nelle orecchie, mentre un amico ci raccontava dell’ultima serie tv o un collega ci presentava l’ultimo avanzamento del progetto. La voce delle persone, il dialogo con loro, è stato ciò che ci ha tenuti sani di mente in tutto questo tempo. In questo più che unico contesto storico emerge una nuova piattaforma social – ad oggi limitata ai possessori di iPhone: stiamo parlando di Clubhouse.


Un senso di connessione e solidarietà che si può trovare solo quando si è circondati da chi condivide una passione.

Con una mossa coraggiosa, la sera prima del Derby della Madonnina dello scorso 21 febbraio l’Internazionale Milano fa il suo debutto su Clubhouse. La società calcistica è già nota per essere attiva da anni su tutte le piattaforme digitali: troviamo l’Inter su YouTube con format originali, ci inciampiamo scrollando il feed di TikTok. E ora eccola anche su Clubhouse, con un evento a tutti gli effetti dedicato al dialogo tra tifosi, quello che si fa di solito sugli spalti gremiti, oppure al bar davanti a una lager gelata, con l’ironia e l’apprensione di chi ancora non sa cosa aspettarsi dal match che incombe, ma un senso di connessione e solidarietà che si può trovare solo quando si è circondati da chi condivide una passione.

Si è trattato di un evento in cui si è potuta toccare con mano la community di tifosi – una parte di loro – mentre i moderatori, speaker radiofonici di Radio Deejay e Radio24 tenevano le fila di un canovaccio che si è mantenuto sempre bidirezionale tra loro e il loro pubblico, con interventi da parte di “comuni ascoltatori” ma anche di ospiti come Marco Santin (Gialappa’s Band).

Indossiamo le cuffie, parlano i brand
L’udito è il primo senso che sviluppiamo: al quarto mese di gravidanza, infatti, iniziamo già a sentire. “Abbiamo lanciato Clubhouse per costruire un’esperienza sociale più umana, dove invece di postare si può parlare. La cosa che amiamo di più è come la voce possa unire le persone.” I founder Rohan Seth and Paul Davison sanno quello che fanno.

Clubhouse ha saputo intercettare questo bisogno più vivo che mai da una parte, ma anche interpretare un trend in crescita, quello dell’audio, dall’altra. Da anni ormai si parla di podcasting e la loro crescita presso il pubblico e adozione da parte dei brand è cresciuta vertiginosamente. La voce dei brand, in particolare, sta tornando un tema caldo. Lo abbiamo visto – o meglio sentito – con gli assistenti vocali, ma anche con playlist musicali curate dai marchi.



Un pubblico certamente più contenuto, ma su cui l’attività riesce a scavare un solco più profondo.

Oltre all’Inter, anche altri brand coraggiosi hanno deciso di giocarsi la partita dell’attenzione audio. IKEA, per esempio, ha recentemente debuttato sul social con tre stanze tematiche (soggiorno, cucina, camera da letto) in cui influencer e opinionisti hanno portato un contributo sul come vivere al meglio le nostre case, grazie al supporto dello psicologo Luca Mazzuchelli.

Certamente uno scenario così aperto come quello che offre Clubhouse – in cui ciascuno può subentrare e dire la sua in diretta – presenta qualche rischio: l’hater è sempre dietro l’angolo. Ma le potenzialità del mezzo sono senza dubbio affascinanti. Se infatti le campagne di comunicazione tradizionali generano notorietà della marca su larga scala, operazioni come quelle che abbiamo visto da parte di Inter e IKEA si rivolgono a nicchie qualitative estremamente verticali, in cui chi partecipa è un pubblico attento, caldo, di più facile conversione in Brand Ambassador. In questo non ci troviamo molte differenze con la Live Communication, che anch’essa offre esperienze di connessione dal vivo premianti che restano vivide nel ricordo del pubblico che le ha vissute, un pubblico certamente più contenuto, ma su cui l’attività riesce a scavare un solco più profondo.

Il tema a questo punto rimane uno: i brand saranno sufficientemente coraggiosi per uscire dagli spogliatoi e scendere nel rettangolo di gioco, come ha fatto l’Inter? Brand e Marketing Manager si sporcheranno le mani, entrando in contatto direttamente con i loro consumatori? La partita è ancora tutta da giocare, le emozioni sono dietro l’angolo.